giovedì 15 novembre 2012

Ricordi arcani e nostalgie arcaiche: Cesare Pavese

L'incipit che propongo questa settimana è il seguente:

C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c'è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa dire "Ecco cos'ero prima di nascere". Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno  portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. 

Tratto da La Luna e i falò, ultimo romanzo scritto da Pavese in pochi mesi nel 1949, questo è uno di quegli incipit che a me sensibilmente tocca molto. Non ho dubbi, La luna e i falò sono Pavese, sono il suo territorio carnale che sia ama, ma nello stesso tempo si odia. 

Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paeseperché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.

Avvenimenti del passato, storie di trovatelli - fonti di introiti per la famiglia che li accoglie - e di estranei: cioè storie di uomini che hanno perduto il senso della propria origine. Con uno stile lucidissimo e limpido, così innestato nella terra e nei ricordi, con fotogrammi di colline che portano echi dissolventi, l'omone Anguilla, da bastardo che era ora è pieno di quattrini, ha fatto fortuna e torna. Torna "in questo paese" sorridendo e piangendo, vagando tra ricordi che non sono più conferme. Come dice Lajolo "sa che non gli è concessa che una sola notte (...) Una notte tra la luna e i falò". 


Calvino dice che attorno a ogni romanzo di Pavese c'è un tema nascosto "una cosa non detta che è la vera cosa che egli vuol dire e che si può dire solo tacendola". Solo il lirismo dell'elegia del paesaggio e dei ricordi colma il fallimento di riti propiziatori (i falò) che ormai sono irrimediabilmente stranieri.

Stupendo.

CESARE PAVESE
La luna e i falò
Oscar Mondadori
1970 - Terza ristampa
(600 lire - allora -, da 6 - Ebay - a 11 euro - oggi)  

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